Tour dell’Irlanda // 16-23 luglio
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Le foto sono caricate in tempo reale dai pellegrini in viaggio.
REPORTAGE
Il giorno più lungo

Fino al 16 maggio 2018 il giorno più lungo era il 6 giugno del 1944, il giorno del famoso sbarco in Normandia che è diventato il titolo di un grande film di successo. Ma c’è un altro giorno che passerà alla storia, il giorno in cui una trentina di pellegrini che tentavano di seguire le orme di San Patrizio sono stati trattenuti loro malgrado per tutte le 24 ore all’aeroporto della Malpensa. Il loro volo, previsto con teutonica sicurezza per le sei del mattino, è stato infatti proditoriamente annullato proprio mentre gli stessi si affollavano ai banchi del check in. A quel punto la pazienza di tutti è stata messa (vittoriosamente) a dura prova. Come raggiungere le terre d’Irlanda? La prima proposta ripercorreva le orme della prima crociata: si sarebbe trattato di viaggiare verso la nuova Costantinopoli, vincere le resistenze del feroce Saladino e quindi reimbarcarsi verso la verde isola dell’Atlantico. La proposta non suscitava solo perplessità e timori, ma anche una palese ostilità per un “mamma lì turchi” che qualcuno, bene informato, si era lasciato sfuggire. La seconda proposta era quella dello spezzatino. Ognuno per proprio conto avrebbe dovuto cercare di intrufolarsi nelle zone di imbarco con l’intento di trovare un volo che in qualche modo lo portasse a Dublino.
Ma il richiamo di don Carlo risuonò subito forte e limpido con toni paolini: “nessuno ci potrà separare: nè la Lufthansa, nè Turkish Airways, oseranno spezzare la nostra unità”. Ok, d’accordo, va bene, ma a Dublino come ci arriviamo?
Uomini di poca fede. Una valente e paziente operatrice turistica, che avrebbe potuto essere sbranata da un branco spossato costretto ad alzarsi alle due del mattino per raggiungere un aereo che non c’era, dopo cinque ore di snervanti trattative osava indicare un lampo di luce: partiremo tutti con un volo Air Lingus, la compagnia aerea irlandese, ne partirà puntualmente …. alle 11 di questa sera. Così percosso e attonito il gruppo in fondo la prese bene. Che cosa sono quindici ore di ritardo rispetto all’eternità.
Ma le traversie non era destinate a finire. Appuntamento per tutti alle 20,30 per la consegna dei biglietti e l’avvio al check in per le agognate carte d’imbarco.
Contrordine compagni! Si d’accordo si parte, ma ci sono posti solo per 18 persone!le altre 13 sono libere di rinunciare. La notizia piomba come una tempesta di neve a Ferragosto. Ed in momenti come questi gli uomini di fede si manifestano in tutta la loro forza. Don Carlo: partiremo tutti e tutti insieme. E infatti, affermano le cronache, l’obiettivo è stato raggiunto. Ma, con la carta d’imbarco in mano, i nostri 31 pellegrini a mezzanotte erano ancora a Malpensa in attesa del volo per Dublino, previsto per le 23, ma annunciato con due ore di ritardo.
E quindi la cronaca del giorno più lungo finisce qui. Riprenderà domani sperando annunciare il felice arrivo all’alba del nuovo giorno, nella capitale irlandese.

Primo giorno: Dublino e non solo

Abbiamo lasciato i nostri pellegrini con la carta d’imbarco in mano allo scoccare della mezzanotte. L’aereo Aer Lingus, di cui era stata annunciata la partenza prima alle 23, poi alle 00,50 non era ancora apparso sui cieli di Lombardia (così belli quando è bello). Ma tutto era destinato a risolversi nel migliore dei modi. Aer Lingus aveva recuperato in tutta fretta un vecchio aereo che aspettava di andare in pensione e che poteva accogliere tutti, passeggeri già prenotati e nuovi pellegrini. All’una del mattino atterrava quindi felicemente nell’aeroporto della brughiera, pronto a ripartire per i cieli irlandesi. L’aeroporto era ormai deserto, le piste erano vuote, ma nonostante questo c’è voluta più di mezz’ora dal momento dell’imbarco al decollo. Per farla breve l’atterraggio a Dublino è avvenuto alle 4 di martedì 17. Per rendere più leggero il ritardo tuttavia gli irlandesi provvedevano a spostare indietro l’orologio: erano solamente le 3. Così rassicurati e felici, accompagnati da una simpatica guida di nome Sofia, raggiungevano l’agognato albergo nel centro della capitale inglese. Inutile dire che la giornata di martedì è iniziata tenendo conto delle fatiche del giorno precedente: la partenza che era inizialmente fissata per le 9 è stata infatti magnanimamente spostata alle 9,10 per permettere un giusto e remunerativo riposo aggiuntivo.
Prima tappa, la cattedrale San Patrizio, uno splendido esempio di intrecci storici tra cattolici, protestanti, anglicani, ugonotti e via discorrendo (chi volesse maggiori informazioni consulti Wikipedia). Seconda tappa Glendalough, prima per il pranzo con una doppia scelta del menu, salsicce e purè oppure purè e salsicce. E da quello si è capito come mai i monaci erano scappati fin dallo scoccare del primo millennio. Negli ultimi secoli tuttavia la qualità è migliorata, ma i monaci non sono tornati. Glendalough è uno dei più importanti insediamenti monastici, un posto in mezzo alla natura, metà di comitive vocianti e mangerecce. L’antico cimitero percorso in lungo e in largo dai turisti: sulle tombe la scritta “riposi in pace” non è mai stata cosi contraddetta.
Terza tappa gli splendidi giardini di Powerscourt, al terzo posto nella classifica mondiale. Per costruirlo nel ‘700 duecento persone hanno lavorato dieci anni. Per calpestarli i nostri pellegrini hanno avuto a disposizione 40 minuti.
Dopo la messa, con la gradita presenza di padre Piotr, grande amico di don Carlo e ora alla nunziatura di Dublino, il ritorno nella capitale irlandese sempre accompagnati dalla voce squillante di madame “okkei”, la nostra guida Sofia, sapiente e preparata. Una frugale cena chiudeva la giornata e affidava i nostri pellegrini alla braccia di Morfeo.

Terzo giorno: Si scopron le tombe…

Dopo una notte finalmente “normale” (dopo due notti in cui i nostri pellegrini avevano dormito tra le 3 e le 4 ore) una ricca colazione all’irlandese ha aperto la seconda vera giornata. Meta il capoluogo dell’Irlanda del Nord, Belfast, sotto il dominio di Sua Maestà, la regina Elisabetta. In verità la giornata é stata contrassegnata dal ricordo di San Patrizio e dei monaci che hanno evangelizzato l’Irlanda. Gli insediamenti dei monaci sono diventati dei cimiteri, la grande chiesa a fianco della tomba di San Patrizio è stata completamente ricostruita nel classico stile inglese.
La prima tappa é stata comunque Monasterboice, piccolo Monastero del VI secolo. Poi Downpatrick, luogo tradizionale della sepoltura di San Patrizio. Poco lontano un’altra piccola chiesa dedicata a San Patrizio dove è stata celebrata la Santa Messa. qui che i nostri pellegrini sono stati confusi con dei pericolosi sovversivi richiamando l’attenzione della polizia locale subito intervenuta per ristabilire l’ordine violato. Forse ha destato qualche sospetto lo strano abbigliamento delle persone scese dal pullman: c’era chi sembrava diretto alla Bahamas, con sandali calzoni corti e maglietta, e chi invece sembrava apprestarsi ad affrontare un rigido inverno con giacca a vento e calzoni pesanti. In tutti i siti visitati sono state scoperte antiche e vecchie tombe.
Tutto è bene quel che continua bene. E i nostri pellegrini, rincuorati dalle parole di don Carlo, si sono diretti verso Belfast attraverso una campagna dalle belle ville vittoriane, i prati ovviamente all’inglese, pecore e mucche al pascolo. E si è arrivati in un grande albergo nella pianura, un albergo circondato dal nulla, ma in cui i nostri pellegrini hanno lentamente cenato e profondamente dormito. La storia della Chiesa ha fatto sullo sfondo del cammino di tutta la giornata, una storia segnata da grandi personaggi, come San Patrizio, che dall’umiltà della loro origine hanno saputo, sorretti dalla fede, compiere l’ambizioso obiettivo di creare una comunità capace di testimoniare la carità e la fede. Protagonisti in tutte le tappe le persone e i luoghi, con la volontà di leggere dentro le persone e la storia.

Quarto giorno: Un tuffo nella storia e nella natura

Al mattino del giovedì ritroviamo i nostri pellegrini in piena forma, dopo un’abbondante colazione a base di salsicce e fagioli. Da sottolineare il richiamo di don Carlo a non considerare questo viaggio come un’evasione, ma come una grande occasione per mettere a frutto lo sguardo dell’intelligenza e per cogliere i segni della bellezza del creato e dei rapporti tra le persone. Il programma della giornata prevedeva la mattinata dedicata a Belfast, la capitale dell’Irlanda del Nord, città protagonista della guerra civile che ha insanguinato fino a pochi anni fa l’Ulster. Prima tappa i grandi murales che ricordano gli episodi di violenza vicino alle porte che dividono ancora, e che vengono ancora chiuse ogni notte, le due zone della città. Poi il museo dell’Ulster a fianco di un parco botanico ricco di fiori splendidamente curati.
Un fugace pranzo, con premi per chi riusciva a trovare un pezzo di carne nella tazza dove avrebbe dovuto esserci uno spezzatino, e poi di corsa verso il mare per le scogliere dei giganti, le Giants Causeway, fenomeno naturale di incredibile bellezza ed originalità, patrimonio mondiale dell’Unesco (come il Sacro Monte di Varese e il Monte San Giorgio), con piu’ di 40mila colonne di basalto, a forma esagonale, che si affacciano direttamente sul mare. Incredibile spettacolo della natura, spiegato puntualmente dal pellegrino professore di fisica che ha scientificamente smentito che le colonne fossero state realizzate nottetempo dal locale ufficio del turismo per creare una forte attrattiva, attrattiva che peraltro è diventata una delle mete più frequentate dell’Irlanda del Nord.
La storia e la natura hanno così caratterizzato una giornata in cui i nostri pellegrini sono stati giustamente richiamati alla necessità di conoscere la realtà per poter essere sempre di più testimoni della verità. “Chi è il mio prossimo” si chiedeva il brano del Vangelo letto durante la messa, un richiamo ad aprirsi con l’intelligenza della fede alle occasioni che la vita ci riserva.

Quinto giorno: Ogni uomo è un luogo

Venerdì 20 luglio, giornata cuore del pellegrinaggio, non solo perché sono passati metà dei giorni, ma perché si toccheranno i punti centrali della vita di San Patrizio. E così i nostri pellegrini hanno abbandonato il bell’albergo nella campagna di Belfast per iniziare il lungo viaggio verso Armagh, il luogo dove San Patrizio fondò la prima diocesi irlandese. Il cielo grigio, le gocce di pioggia, il fresco pungente del mattino non turbavano tuttavia la volontà dei nostri pellegrini esortati da Don Carlo a ricordare la grandezza del pensiero di San Patrizio, una grandezza basata sulla centralità di Cristo come unico punto di forza e di riferimento.
Il mattino è stato impegnato nella visita delle due cattedrali, la prima più antica, intitolata ovviamente a San Patrizio, è ora affidata ai protestanti, la seconda , realizzata in linee post gotiche a metà Ottocento, è la sede della Diocesi Cattolica. Il passaggio da una Cattedrale all’altra è stato segnato dalla pioggia che è iniziata sfortunatamente a cadere dopo aver percorso i primi cento metri a piedi.
Dopo il pranzo (un buon salmone con verdure) é iniziato il lungo viaggio verso Lough Derg. Un’isola dove San Patrizio passò 40 giorni in una grotta pregando e meditando e dove ora sono ospitati, soprattutto a luglio e agosto, gruppi di fedeli che trascorrono tre giorni a piedi nudi, dormendo una sola notte e pranzando a pane e caffé un solo giorno. I nostri pellegrini si sono limitati ad avvicinarsi all’isola sul battello: non si può attraccare per non turbare la preghiera di chi si trova per la tre giorni sull’isola (e magari anche per evitare che qualcuno dei presenti possa avere la tentazione di scappare).
Ci ha comunque pensato don Carlo a mettere nella giusta prospettiva la visita di luoghi come questo. Sono luoghi molto importanti perché sono evocativi di una storia presente ed é significativo che vi arrivino persone non solo già profondamente di fede, ma anche chi è alla ricerca di qualcosa vero. Gesti del sacrificio, come stare a piedi nudi, incidono nella vita di una persona. Ci sono luoghi, ha sottolineato don Carlo, che aiutano a pregare per una storia, per una situazione, perché in quel si respira un carisma particolare. E ha ricordato come da parroco portasse i bambini della prima comunione e i loro genitori a San Pietro di Civate: mentre salivano al monte si facevano preghiere, canti , letture perché i bambini e i genitori potessero vivere nel presente anche la storia e la memoria. I luoghi sono importanti perché Dio ha bisogno dell’uomo e ognuno di noi è un luogo. Un luogo come quello che abbiamo visto, un monastero ricco di storia, ma ogni Cristiano è un luogo anche per gli altri. Una giornata lunga quella trascorsa tra Irlanda del Nord e le contee dell’Ovest della Repubblica d’Irlanda. Una giornata ricca di preghiere e di verdi paesaggi, una giornata chiusa sui bordi dell’Atlantico nella simpatica cittadina di Sligo. Una giornata in cui si sono potute vedere 27mila pecore, 4mila bovini di varia natura e in cui i nostri pellegrini, spesso al grido di foto, foto, foto, hanno raccolto almeno 2400 immagini (sì, 800 a testa, più o meno).

Sesto giorno: Il giorno della Madonna

Bisogna imparare a vedere le meraviglie di Dio, mirabilia Dei. Questo il richiamo di don Carlo all’inizio della giornata di sabato 21 luglio in cui ritroviamo i nostri pellegrini alla partenza della bella cittadina di Sligo. La prima tappa prevista era Cork (“guardate la cartina che vi ho dato, ha detto la simpatica guida, Cork non c’è”). Animati dalla fede tuttavia i nostri pellegrini hanno raggiunto questa meraviglia, il Santuario di Cork dove nella seconda metà dell’Ottocento la Madonna, insieme a San Giovanni evangelista e San Giuseppe, apparve a un gruppo di persone in preghiera. Subito il luogo divenne meta di pellegrinaggi, di preghiere, di meditazioni. E altrettanto hanno fatto i nostri pellegrini, invitati da Don Carlo a pregare perché tutti possano avere lo stesso sguardo che la Madonna ha avuto sul mondo.
Per i nostri pellegrini è stato una mattinata che si è conclusa con la santa Messa e che ha riservato momenti di intensa riflessione.
Il pomeriggio è stato caratterizzato dalla scoperta di una regione fuori dal mondo, il Cannemara, ai margini occidentali della penisola irlandese in un ambiente caratterizzato da un deserto verde, infinite praterie, paludi, laghi e laghetti, boschi e vallate isolate e, tranne pochissime case, praticamente disabitato.
Si è passati da un foto-stop a un altro (affinché ognuno potessero “prendere” delle foto come in una caccia al tesoro), su strade strette e ondeggianti, alla scoperta di una realtà dove domina la natura e dove i pensieri dei nostri pellegrini si perdevano inseguendo un’orizzonte che ogni volta sembrava sempre più lontano. I panorami a volte ricordavano la Norvegia, altre volte la ridente Valcuvia (la valle tra Varese e il Lago Maggiore). Ha particolarmente impressionato il percorso sulle rive di un vero fiordo, con il mare che si insinuava per chilometri, in cui ad un certo punto si poteva vedere la vastità dell’Oceano, giusto in direzione dell’America.
Ultima tappa della giornata la cittadina di Gallway, avamposto occidentale del paese. I nostri pellegrini in fila irlandese (una variante della fila indiana con una buona dose di disordine) hanno attraversato una città animata ed esuberante. L’antica chiesa di San Nicola ha attirato l’interesse per l’esempio di fratellanza data dall’ospitare oltre alla Chiesa anglicana d’Irlanda anche i riti ortodossi russo o romano.
Poi, infine, finalmente, l’ultimo viaggio (della giornata, si spera) in pullman per raggiungere il desco per la tradizionale frugale cena e l’essenziale giaciglio per la notte.

Settimo giorno: Nel segno della fede dei monaci

Un cielo grigio ha accolto i nostri pellegrini all’uscita dall’albergo al mattino di domenica 22 luglio, penultimo giorno del viaggio. Prima tappa il castello di Athlone sul fiume Shannon, il più lungo d’Irlanda. Un castello ricco di storia, di battaglie, di assedi nella migliore tradizione. I nostri pellegrini si sono appassionati alle epiche vicende indossando costumi medievali e brandendo spade di legno.
Ma il punto centrale della giornata è stato nel primissimo pomeriggio la vista al sito di Clocmacnoise, uno dei più antichi insediamenti religiosi. Fondato dai monaci negli ultimi secoli del primo millennio il luogo ha incantato perché ha dato concretamente l’impressione delle “pietre vive”: i resti delle basiliche, le tombe antiche coperte d’erba, una prospettiva che si estendeva a perdita d’occhio nella pianura irlandese, un verde intenso colorato dal sole, il grande fiume Shannon con le larghe anse, tutto dava l’impressione di una storia certamente drammatica, ma che non ha lasciato il segno solo nelle pietre, ma anche nel cuore degli uomini.
Dobbiamo essere grati, ha sottolineato Don Carlo, ai monaci che dodici secoli fa hanno avuto la forza, il coraggio e soprattutto la fede per creare le prime comunità che hanno costituito, e costituiscono ancora oggi, la radici della Chiesa.
A Clocmanoise si è chiusa la parte più importante del viaggio, quella che è andata all’origine del cristianesimo in Irlanda, sulle orme delle prime comunità e dei luoghi dove San Patrizio ha portato la sua parola e la sua forza. Per i nostri pellegrini è stata un’esperienza affascinante, anche per aver riscoperto e ritrovato amicizie e fraternità.
E si chiude qui anche la fatica del vostro cronista. Nella speranza che l’ultima giornata del viaggio, lunedì 23, passi alla storia per essere l’esatto contrario della prima (cioè senza ritardi, cancellazioni e lunghe attese).

Arrivederci

Post scriptum: Abbiamo lasciato i nostri pellegrini alla vigilia del viaggio di ritorno. Tutto è andato per il meglio: nonostante un ritardo di oltre mezz’ora del decollo da Dublino, sono riusciti a prendere per la coda la coincidenza a Francoforte arrivando a Malpensa poco dopo le 23. Anche l’ultima incognita (arriveranno anche le valigie dato il pochissimo tempo del cambio di volo?) è stata felicemente superata.
Un breve viaggio in pullman per tornare a Milano.
Così si è concluso un viaggio/pellegrinaggio che ha visto 31 amici percorrere le strade d’Irlanda alla ricerca delle origini della Fede e delle testimonianze di un grande passato. Un pellegrinaggio che ha avuto la guida appassionata di don Carlo a cui si è affiancata l’impareggiabile Sofia, una giovane Italo/irlandese che ha subito compreso lo spirito della compagnia. Da ricordare anche l’importante è silenzioso apporto di Giacomo per garantire che tutto filasse per il meglio. E così è stato.
Resta nei nostri pellegrini il ricordo di giornate intense, alla scoperta di luoghi sconosciuti, di alberghi sperduti nella campagna, di patate cotte in mille modi, di strade strette e tortuose affrontate con perizia dall’autista del Donegal. Resta la riflessione sul coraggio dei grandi uomini di fede, come San Patrizio, resta la gioia della compagnia, resta la volontà di ritrovarsi in luoghi e momenti diversi. Ma sempre sotto il segno della Fede.
PROGRAMMA
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